Da un po’ di mesi, si fa un gran parlare del fenomeno del “Great Resignation”, come è stato definito dagli organi di comunicazione, ovvero della drammatica crescita del numero di persone che decidono di lasciare il lavoro, a volte anche senza averne ancora trovato uno nuovo, e, con una certa frequenza, facendo scelte professionali sicuramente non in linea con quanto considerato “normale” (raramente si tratta della scelta di aprire un chiringuito ai Caraibi, più spesso di cercare un lavoro maggiormente in linea con le proprie, personali, priorità).
Proprio questo ci pare un elemento sul quale soffermare la nostra attenzione. Fino a pochi anni fa, il lavoro era il mezzo attraverso il quale generare il reddito necessario a soddisfare I propri bisogni materiali. La propria realizzazione professionale era sicuramente importante, ma in qualche modo considerata meno prioritaria.
Oggi, ed in futuro lo sarà sempre di più, non è così: le persone in generale, e quelli nati dal 1990 in misura ancora maggiore, sono molto meno disponibili a negoziare la propria realizzazione personale e professionale con un salario, anche con un salario interessante.
Lo sforzo che dovranno fare le Aziende sarà quello di costruire un senso che vada al di là dello scambio tra tempo e stipendio.
Bisognerà strutturarsi con competenze specifiche, oggi raramente esistenti, soprattutto in ambito Risorse Umane e Organizzazione: chi lo farà, sarà in grado di scegliere le professionalità più adatte al raggiungimento dei propri obiettivi di business.