Negli ultimi anni si è potuta notare una collettiva minore abilità a fare attenzione.
Il nostro focus, lo vediamo, saltella da un compito all’altro, da un’app all’altra. Ma anche quando non siamo interrotti da email o notifiche di Whatsapp, le nostre menti continuano a vagare tra pensieri diversi.
“L’incapacità di molti di concentrarsi è la più seria e sottovalutata sfida dei business di oggi” scrive Maura Thomas, autrice di numerosi libri sull’argomento.
E i dati ci suggeriscono che questa preoccupazione potrebbe essere giustificata.
Uno studio dimostra che il tempo medio di lavoro su una task è passato da due minuti e mezzo nel 2004 a un preoccupante 47 secondi oggi, prima che la nostra concentrazione si sposti su altro.
E ancora più preoccupante è che, quando un soggetto si distrae, siano poi necessari circa 25 minuti per tornare alla task originale.
È facile incolpare la tecnologia per questa riduzione della nostra concentrazione, ma gli esperti ci dicono che non è così semplice. Un nuovo ramo di ricerca, la Neuroergonomia, studia le forze che minano il nostro funzionamento cognitivo e che spaziano dalla mancanza di sonno, all’inquinamento dell’aria, fino ad arrivare alla comunicazione digitale.
Gli esperti la chiamano “crisi di concentrazione”: abbiamo sovraccaricato le nostre menti e nel processo sono cambiate strutturalmente. E, considerata la difficoltà di migliorare la qualità dell’aria nel breve periodo, sarebbe auspicabile almeno fare un pisolino ogni tanto.