Il capo gli ha detto di lavorare dopo le 18:00. Il collega ha fatto un pessimo lavoro su quel progetto, costringendo tutti a rivederlo completamente. Quell’altro collega parla al telefono a voce troppo alta.
Per ragioni, che possono essere serie o più futili, le persone si innervosiscono al lavoro ogni giorno, ma mentre una volta si limitavano a lamentarsi con amici e familiari, oggi, secondo gli esperti, è diffuso il “rage applying”.
Si usa per indicare quando i lavoratori, scontenti, iniziano a sparare candidature a raffica, cosa molto facile oggi, grazie ai progressi della tecnologia.
Molte di queste sono solo persone che vogliono sfogarsi, non vogliono davvero cambiare lavoro.
Ma il fenomeno è diventato un problema per le persone che lavorano in HR. Secondo un sondaggio, due terzi dei professionisti americani ha ammesso di averlo fatto almeno una volta nel corso degli ultimi 12 mesi.
Per limitare la quantità di “candidature non ponderate”, molte aziende stanno usando dei software per riconoscere alcune parole chiave o risultati essenziali per un ruolo specifico. Questo permette di identificare molte delle candidature inviate in preda alla rabbia.
Ma, alla fine, un intervento umano si rende necessario per scoprire candidati non veri.
Si possono inviare domande preventive rispetto ad un colloquio, suggerisce qualcuno. Anche solo restituire una risposta evidenzia un reale interesse.
Le HR dovrebbero anche richiedere una conferma preventiva per i colloqui di lavoro, magari poche ore prima dell’appuntamento fissato. Molti di questi candidati non si presenteranno a un colloquio, quindi sondare il terreno per confermare la presenza può essere utile. Richiede un po' di lavoro, ma ne salva poi.
E, soprattutto, può anche trattarsi di un’opportunità per far conoscere l’azienda.
Chi può mai dirlo, il candidato potrebbe sempre ricontattare l’azienda in un secondo momento, magari dopo aver seriamente e solidamente considerato l’opportunità.